Tennis negli Emirati Arabi
Cosa c’è di più bello che mettere in contatto culture diverse attraverso lo sport?
Nell’intento di promuovere una collaborazione tra i nostri atleti ed amatori con gli stessi di paesi stranieri ho incontrato vari referenti di un diverso mondo tennistico, quello degli emirati. L’incontro con il direttore della federazione degli emirati Slah Bramly ci ha portato a riflettere su alcuni tratti tipici dei loro giovani tennisti paragonandoli ai nostri e traendone tratti in comune e differenze.
Un aspetto che mi ha colpito è stato il rifiuto dei giovani verso lo sport per la sofferenza provocata dall’affaticamento fisico.
Negli emirati regna un certo benessere e questo fa si che spesso venga a mancare lo spirito di sacrificio per ottenere una cosa, potendola magari acquistare senza fatica con il denaro. Quindi, vista la difficoltà e il sacrificio che richiede il praticare uno sport con successo, non è una scelta molto gettonata dai giovani arabi. Un altro “problema” sta nella temperatura che è molto calda in 4- 5 mesi all’anno. mi dice: “ il fatto che siano già sudati prima di iniziare … li porta a domandarsi del perché ci sia necessità di fare il riscaldamento”. Non facile spiegare loro la funzione preventiva della fase di attivazione o warm up.
Confronto tra Tennis negli Emirati e in Italia
Ho quindi fatto un confronto tra i ragazzi degli emirati e quelli che nella nostra società si fanno prendere dalla pigrizia nel praticare lo sport quando fa troppo freddo o troppo caldo, o quando magari preferiscono giocare alla playstation che partecipare a una gara reale perché vittoria o sconfitta diventano emozioni troppo forti da gestire.
Lo stesso concetto lo ribadisce il mio collega Sigi Meeuws direttore di diverse accademie in Dubai ed Abu Dhabi in un altro meeting per valutare la possibilità di fare allenare i loro ragazzi qui da noi in periodo estivo quando le temperature, in particolar modo ai piedi delle montagne, sono nettamente favorevoli.
Parlando con Euan Reedie capo redazione di Gulf News mi dice inoltre che la stampa si interessa ad eventi internazionali e non c’è spazio per gli eventi di tennis locali. per questo motivo il direttore mi dice che le famiglie non venendo coinvolte dai media non reputano un settore di affermazione e visibilità lo sport locale. Ho notato la voglia di realizzare grandi eventi, una specie di desiderio di riscatto a livello di visibilità nei confronti dei paesi occidentali.
Nello sport non ho respirato alcun tipo di frontiera culturale, ad Abu Dhabi il Mubadala championship è gestito dalla IMG – società americana di management nello sport -, numero uno al mondo. I manager e capi redazioni giornalistiche, nonché i responsabili di accademie sono quasi tutto europei.
Le domande a Djokovic e Nadal
Nei giorni del torneo di tennis ho avuto la possibilità di intervistare 4 grandi campioni: il numero 1 del mondo Novak Djokovic, il numero 3 Rafael Nadal, il numero 4 Andy Murray e Nicolas Almagro, top 20 ex numero 9 al mondo.
Tra le diverse domande ne ho posta una a Djokovic e Nadal e cioè come abbiano fatto in tanti anni tra vittorie e sconfitte a conservare lo stesso allenatore quando tutti gli altri giocatori non resistono spesso neanche un anno con lo stesso.
Nadal mi ha risposto che è una questione di rispetto verso gli altri e onestà verso se stessi, cioè ammettere quando si perde che non è colpa di chi ci sta intorno e mettere chi collabora con lui sullo stesso piano.
Nella biografia “Rafa” lo zio Toni,suo allenatore, racconta di aver rimproverato il nipote perché passeggiando per Parigi con lui e Carlo Costa, suo manager, si era posizionato al centro dei due. lo zio appunto gli faceva notare di non essere protagonisti e quindi di camminare o a destra o a sinistra di uno dei due.
Novak Djokovic mi ha detto che il suo allenatore, Marian Vajida, fa parte della sua famiglia e non potrebbe farne a meno, sono cresciuti insieme e sa che i successi raggiunti nella sua carriera li deve anche a lui.
Tennis, sicurezza ed Emirati
Cosa mi ha colpito passeggiando per Abu Dhabi e Dubai?
La sicurezza e il rispetto delle regole. Mi è sembrato uno dei luoghi più sicuri al mondo. È vietato mangiare e bere in metro come anche masticare chewing-gum. qualsiasi locale chiude alle 2 del mattino, anche il primo giorno dell’anno. Hanno formulato delle regole forse rigide a parere di qualcuno ma per strada si respira ordine e disciplina. Penso che se lo sport sia uno dei più potenti mezzi di comunicazione, una sorta di “bomba atomica” che va ad abbattere ogni sorta di barriera culturale e sociale