‘…L’acqua che tocchi è l’ultima
di quella che andò
e la prima di quella che viene,
così il tempo presente …’
(Leonardo da Vinci – Codice Trivulziano)
Dov’è l’inizio del tempo? Stava lì, tra me e il vecchio muro di pietra, o dentro gli occhi gialli del gatto acquattato davanti alla porta?
O venne con il vento che sentivo tra i capelli, e già si spostava leggero, spingendo lontano un foglio (o era una foglia?).
In realtà era tutto questo e anche molto di più, perché allora come oggi tutto è movimento, e il tempo ha questa perversa abilità: moltiplicare e frantumare tutti i fenomeni, unici e singolari, in un caos che non ti appartiene più.
All’inizio dunque c’ero io, il gatto dagli occhi gialli, il muro, il vento, la foglia (o era un foglio?).
Poi tu, girandoti sulla sedia, sposti di scatto i capelli e dici:
– perché non mi parli del tempo?
Allora, con calma, prendo quel libro di Norberg-Schulz[1] che sta sullo scaffale e leggo a voce alta:
-“la nostra esistenza quotidiana è fatta di fenomeni concreti: gente, animali, alberi e foreste, pietra, terra, legno e acqua … E ancora: è fatta di sole, luna e stelle … Ma la nostra vita comprende anche i fenomeni più intangibili come le emozioni umane …”
– Ma tutto questo, cosa c’entra con il tempo? … – chiedi.
– Certo, Norberg-Schulz sta parlando del luogo, descrive i fenomeni che caratterizzano l’ambiente ma, contemporaneamente, crea e dà la lettura di una dimensione dove è possibile collocare e costruire un’immagine del tempo.
Anche un artista del Rinascimento come Leonardo costruisce il tempo attraverso i fenomeni. Nella ‘Vergine delle rocce’ al Louvre c’è una grotta alle spalle del gruppo in primo piano e, tra le fessure aperte nella pietra, s’intravede uno spazio intriso di vapori, un paesaggio remoto, preistorico. Ecco, per Leonardo il tempo non è storico, classico, antropomorfico ma tempo naturale, raffigurato da fenomeni visibili e, nello stesso tempo misteriosi, come le rocce antiche che i millenni hanno corroso e trasformato: la sua è l’immagine del tempo attraverso la natura – naturans, cioè della natura che si modifica e si trasforma dallo stato solido a quello liquido e gassoso.
Ma è indubbio che posso risponderti in altro modo: anche attraverso la razionalità, l’astrazione e il simbolo si arriva alla rappresentazione del tempo. Potrei parlarti di questo, ma la razionalità e l’astrazione sono soltanto degli strumenti che risolvono un aspetto del problema, in fondo non ho mai creduto che la tecnica e la scienza possano dare, sempre e comunque, un significato e una spiegazione a tutto …
Senti cos’altro scrive Norberg-Schulz.
Sfoglio le pagine e leggo:
-“Oggi è diventato errore comune confondere gli strumenti con la realtà.“
Ecco è proprio quello che intendevo dire.
– Tutti noi abbiamo bisogno di razionalità, di logica e di astrazione – dici.
– Certamente, ma è solo osservando i fenomeni, e liberandosi dei preconcetti
della logica umanistica e dai pregiudizi del suo tempo, che Leonardo ha creato i presupposti della ricerca scientifica moderna.
L’uomo ha sempre cercato risposte ai propri dubbi per mitigare l’angoscia dell’ignoto. E’ un lungo viaggio che parte dalla notte dei tempi, dal serpente-primordiale, dai miti ctonii greci … Poi l’uomo inventò gli strumenti per governare lo spazio-tempo e così immaginò e definì il punto, la retta e il piano[2].
Ma è sempre il luogo (logos)[3] che ha permesso di ambientare le grandiose astrazioni umane (mythos)[4] le tombe e i templi egizi, i templi greci, le korai e i kouroi arcaici[5] …
A Segesta, in Sicilia, vi è un tempio che è la perfetta rappresentazione scenografica dell’abilità umana; è qui che ho visto come l’uomo abbia saputo unire logos, mythos e tempo insieme. Naturalmente il concetto di tempo è cambiato, più lento e cadenzato per gli antichi, veloce e meccanico per l’uomo moderno, ma le sensazioni che si provano a Segesta sono ancora intatte. Il tempio greco è fatto per essere visto da fuori, camminando lungo il peristilio (passo-passo-passo , colonna-vuoto-colonna, ombra-luce-ombra); oppure da lontano, quando il sole illumina la facciata principale rivolta a est, e quando tramonta sul lato opposto.
Se percorri la strada che da Trapani va a Palermo il tempio di Segesta è lì alla tua sinistra, per noi che corriamo in macchina sono pochi attimi: solamente il tempo di veder apparire dal nulla prima il frontone e la trabeazione, poi le colonne. Un lampo di riflessi e l’immagine del tempio appare davanti a noi in tutta la sua maestosità, pochi secondi ed è già tutto finito, il tempio scompare oltre la collina.
Logos o mythos? Verità o finzione?
E’ stato con Caravaggio che ho scoperto come si può rappresentare il tempo più lungo, ovvero l’infinito, e il tempo più breve, cioè pochi attimi.
Le opere sono entrambe a Roma, la prima l’ho vista molti anni fa. Scendevo dal Pincio in una giornata così calda e afosa che una nebbia di vapore saliva da Piazza del Popolo. La chiesa ai piedi della scalinata era aperta, pensai: fresco, calma, pace … infilai la porta e fui avvolta dalle tenebre.
Per vedere la cappella Cerasi si doveva infilare una moneta e al ticchettare di un congegno le tele di Caravaggio s’illuminavano.
La ‘Crocifissione di San Pietro‘ è su un lato della cappella, ed è la rappresentazione più cruda e spietata della morte in diretta che abbia mai visto. La stupefacente macchina compositiva di Caravaggio crea angoscia soprattutto perché, pur avendo un inizio è priva di una fine: tutta la struttura del dipinto si impernia su di una curva che fa proseguire, all’infinito, l’azione del dramma in atto.
Ti dirò di più, per aumentare la forza dello scandire del tempo Caravaggio riesce ad utilizzare i suoni. Sembra incredibile ma è così, nella ‘Crocifissione di San Pietro‘ le immagini sembrano accompagnate dal cigolio del legno e dai rumori soffocati degli operai che lavorano alle corde per alzare la croce.
Ed è sempre con i rumori di sottofondo e le parole, che Caravaggio sembra accompagnare l’azione fulminea che si svolge in una bettola. E’ qui che il
pittore ha ambientato, sempre a Roma, la ‘Conversione di San Matteo‘ nella cappella Contarelli, in San Luigi dei Francesi.
I fatti: nell’interno buio e polveroso di una stanza degli uomini stanno giocando seduti a un tavolo, si apre la porta e una lama di luce illumina la scena, due persone entrano e Matteo alza gli occhi sorpreso.
Tutto accade in pochi istanti, i due sconosciuti sulla porta sono Gesù e Pietro, Gesù alza un braccio e indica Matteo:
– tu – dice Cristo,
– io? – chiede Matteo,
– tu – ripete Pietro.
Fine della storia.
Questa sì che è concisione: perfetto calcolo di tempi e ritmo attraverso le immagini.
– ‘Had we bat world enough and time ….’ Se soltanto avessi più spazio e più tempo’ … come disse il poeta Andrew Marvell alla sua timida e ritrosa amante.
Anch’io non ho più né spazio né tempo per parlarti di quello che mi hai chiesto …
Così dicendo prendo in mano la matita e ricomincio a disegnare.
– E’ vero non c’è più tempo – dici, poi ti giri sulla sedia e torni al tuo disegno.
All’improvviso alzi la testa e chiedi:
– Stamattina l’hai visto anche tu un gatto davanti alla porta?
O era ieri?
[1] Christian Norberg-Schulz (Oslo, 23 maggio 1926 – Oslo, 28 marzo 2000) è stato un architetto norvegese, importante critico e teorico dell’architettura. Le frasi citate provengono dal libro: Genius Loci. Paesaggio Ambiente Architettura, Electa, Milano 1979
[2] Gli enti geometrici fondamentali sono tre: il punto, la retta e il piano. Essi costituiscono delle astrazioni.
[3] Logos: verità.
[4] Mythos: cosa non vera, idea astratta sotto forma allegorica.
[5] Le korai (singolare: kore) e i kouroi (singolare: kouros) arcaici, sono sculture greche simboliche: raffigurano l’ideale assoluto della bellezza fisica e interiore della gioventù nel fiore degli anni.