Omobono Tenni: la nascita della leggenda trevigiana del motociclismo: l’epica partecipazione alla corsa più pericolosa del mondo.
Ogni eroe anela alla sua pianura d’Ilio.
Ogni cuore impavido vuole la scena più importante dove giocare la propria partita.
Come appunto Achille ed Ettore celebrano il più terribile dei loro scontri sulla piana di fronte alle porte Scee, davanti a troiani ed achei, così ogni atleta sogna di cogliere il successo dinanzi alla platea più importante.
Per un motociclista la scena è quella del Tourist Trophy sull’isola di Man.
Qui, dal 1907 ad oggi, si affrontano coraggiosi motociclisti, su di un circuito che si snoda tra case, muretti, pali e recinzioni, con dossi e curve pericolosissimi.
140 incidenti mortali hanno costretto la federazione internazionale a escludere il circuito dal motomondiale.
Ma questo non intacca, anzi ingigantisce, il fascino della corsa.
Come tutti, anche un ragazzino trevigiano, innamorato di moto e di velocità, sognava di poter un giorno partecipare al TT, al Tourist Trophy.
Erano gli anni 30 ed il ragazzino era Omobono Tenni.
Arrivato con la famiglia a Treviso quando aveva quindici anni, iniziava a fare il meccanico, aprendo, dopo non molto, una propria officina in piazza Filodrammatici.
Gli piaceva andare veloce e già a diciannove anni era in gara.
Il suo esordio è sul circuito trevigiano della Postumia dove affronta, tra gli altri, Tazio Nuvolari e Pietro Ghersi.
E’ giovanissimo ma incredibilmente veloce e vince.
Da lì incasella una serie di successi dimostrandosi, soprattutto, capace di far volare la moto al massimo ottenendo, in ogni occasione, il giro più veloce sul percorso.
Finalmente, nel 1935, la Guzzi gli offre la possibilità di partecipare alla corsa più importante del mondo, il Tourist Trophy.
Già nelle prove dimostra di essere un fenomeno della velocità e realizza un tempo insuperato, in quella edizione, sullo Snaefell Mountain Course, il circuito del TT.
Durante la corsa, al quinto dei sette giri previsti sul circuito, Tenni cade, scontrandosi con un corvo in una zona avvolta dalla nebbia, subendo anche la frattura di due vertebre.
Vince Stanley Woods, uno che ci riuscirà per ben dieci volte. [pullquote align=”right”] “smetterò quando troverò uno più veloce di me”.[/pullquote]
Gli inglesi rimangono folgorati dallo stile di Tenni il quale, sulle curve, invece di rallentare, piega la moto ed accelera.
Lo ammirano, ne sono impressionati, tanto da soprannominarlo The Black Devil, il Diavolo Nero.
Per questo quando torna al TT, nel 1937, tutti si aspettano lo spettacolo.
E’ ancora una questione tra lui e Stanley Woods.
In trenta anni di corse mai, al TT, ha vinto un pilota che non fosse inglese e che non guidasse una moto inglese.
È il 16 giugno 1937. Al via ci sono ventisei piloti. Al primo giro Tenni scivola a terra, ripartendo con un ritardo di mezzo minuto.
Al terzo giro recupera la testa del gruppo e lancia la sua moto alla massima velocità, con un tempo incredibile, staccando tutti.
La sua temeraria velocità fa impazzire il pubblico.
Famosa la frase del radiocronista della BBC “Le notizie che mi pervengono da ogni zona del circuito concordano su un solo punto: Tenni sta curvando con pazzo abbandono creando dubbi sul fatto che egli possa finire la gara in un pezzo solo”.
Al settimo ed ultimo giro, prima del traguardo, un guasto tecnico ferma la sua moto.
Tenni ha il tempo di sostituire una candela e ripartire, giungendo ugualmente primo, con una trentina di secondi su Stanley Woods.
L’impresa è compiuta. La notizia rimbalza immediata in Italia e Omobono Tenni diviene, quel giorno, un mito del motociclismo.
Tornerà al TT una sola altra volta, nel 1948, stabilendo ancora una volta il giro più veloce ma rimanendo appiedato in gara da un incidente meccanico.
In quella occasione la stampa inglese lo presenta semplicemente come “ il più grande campione del mondo”.
Omobono Tenni, ultraquarantenne, continuerà a correre sostenendo: “smetterò quando troverò uno più veloce di me”.
Non lo troverà: il 1° luglio 1948, alla curva Eymatt sul circuito di Berna, esce di strada durante le prove del Gran Premio e muore sul colpo.
Il suo feretro giunge a Treviso il 4 luglio, su di un camion funebre allestito da Moto Guzzi, omaggiato da due ali di folla.
A lui, al più grande sportivo trevigiano, è tuttora intitolato lo stadio di calcio di Treviso.