Orietta Berti si racconta
Intervista Orietta Berti e “Il coraggio di chiamarlo amore”.
Una persona genuina e cordiale come lei, come si sente in questo periodo storico?
Ci sono guerre, la violenza purtroppo dilaga, quindi non posso che esserne turbata. Credo che non sempre si abbia la consapevolezza di tutto questo, forse si preferisce fingere di non sapere per non crearsi problemi, vivendo superficialmente. Io non ne sono capace e sono abbastanza preoccupata per quello che vedo. Anche tra le mura domestiche dilaga la violenza e nonostante se ne parli tanto, sembra che sia impossibile combatterla.
Secondo lei, perché dobbiamo parlare di questo brutto tema oggi?
Dobbiamo parlarne perché è responsabilità di tutti. Ho da poco pubblicato Il coraggio di chiamarlo amore che ha come focus questo tema difficile e delicato della violenza sulle donne, quella fisica, psicologica e sociale subita ancora oggi dai propri mariti, compagni, fidanzati che cercano di annientarne l’esistenza, considerandole una proprietà, un oggetto di cui avere esclusivo dominio.
Un argomento sempre attuale, perché, nonostante tutto, l’uomo violento, purtroppo, esisterà sempre. Ogni anno aumentano le denunce e le morti violente per mano “amica”. Tante sono ancora le donne che non hanno il coraggio di parlare e nascondono i soprusi per paura e per difendere i propri figli, succubi di una società che tutela ancora troppo poco le madri, le donne.
Per denunciare è necessario avere delle ferite visibili, ma è più difficile mostrare le ferite psicologiche, quelle che rimangono per sempre. È un messaggio che non è una novità, ma credo sia una responsabilità per chi come me ha la possibilità di “alzare” la voce, farlo. Non è mai abbastanza. Il coraggio di chiamarlo amore racconta di quando non è più amore, ma una prigione che priva la donna del diritto fondamentale alla vita.
Quali soluzioni bisogna intraprendere perché si smetta con questo fenomeno?
Nessuno può girare la faccia dall’altra parte fingendo di non vedere, perché così si diventa complici della violenza. Non ho soluzioni, ma credo che si dovrebbe tutelare maggiormente le donne che, spesso, vengono uccise dopo aver già denunciato il proprio aguzzino. C’è qualcosa che non funziona, non è abbastanza quello che si fa per metterle al sicuro, questo è certo.
La vita nel mondo dello spettacolo quanto è cambiata?
È cambiata moltissimo, non si vendono dischi e quelle che contano sono solo le visualizzazioni. Le case discografiche non hanno più i dipendenti di prima e i siti più importanti sono ormai chiusi. Oggi c’è più probabilità di avere successo, se uno fa qualcosa in video ha la possibilità di farsi notare, ma è ingannevole. Ci sono singoli che grazie a questi meccanismi risalgono le classifiche, ma poi spariscono nel nulla. Oggi alla fine, credo che sia più difficile raggiungere il successo e soprattutto, mantenerlo. Purtroppo, non si fa più gavetta, non si conosce la fatica, la dedizione. È illusorio pensare che sia sufficiente la vittoria di un talent, o un singolo ben piazzato per avere una carriera. Questo lavoro è difficile e richiede davvero tanto impegno perché è un lavoro a tutti gli effetti.
Ci racconta un bell’episodio di vita coniugale con Osvaldo?
Ce ne sono a centinaia, davvero è difficile scegliere, ma voglio ricordare gli anni belli, fino a prima della pandemia, quando ci ritagliavamo il mese di giugno per andare negli Stati uniti a casa di amici. Lo abbiamo fatto per 26 anni! Andavamo a Las Vegas a vedere spettacoli meravigliosi, che solo lì potevamo vedere. Era il nostro modo di stare insieme rilassati, ma anche un’esperienza condivisa che ha arricchito il nostro lavoro. Anni splendidi che ci hanno regalato tanti momenti, da quando avevamo i bambini piccoli e quindi si andava anche a Disneyland e ricordi preziosi da conservare.
Il matrimonio per lei quale valore ha?
Mi sono sposata in quaresima perché dovevo partire per gli Stati Uniti con Osvaldo e abbiamo chiesto ed ottenuto una dispensa per le nozze che normalmente non si sarebbero potute celebrare fino a dopo Pasqua. Per me è molto importante, un valore cardine della mia vita che ha fatto da denominatore anche nel lavoro che ho condiviso con Osvaldo. Famiglia e lavoro, sono stati e sono anche oggi la mia forza. Quando Osvaldo non può essere presente, non sono mai sola c’è sempre qualcuno della famiglia, i miei figli Otis o Omar.
Ha un messaggio positivo per i giovani?
Abbiate la volontà, la determinazione di costruire qualcosa. Cercate la vostra strada e realizzate il vostro sogno che deve diventare progetto senza dimenticare di avere sempre un piano b, studiare ed essere pronti. Oggi non si può non sapere, è necessario avere una cultura di base. Bisogna darsi da fare senza aspettare che arrivi per grazia ricevuta o per un colpo di fortuna, che serve certamente, ma il proprio futuro bisogna costruirlo. Anche a me è successo di non dare importanza a qualcosa, ma chi avevo vicino mi ha fatto capire che ogni lasciata è persa ed ho imparato dai miei errori.
Grazie per intervista Orietta Berti e “Il coraggio di chiamarlo amore”.