Sono nato nel ristorante dei nonni
- Chi è Ranieri Toso?
Una persona che ama quello che fa, con tante idee e progetti che vorrebbe realizzare, che talvolta deve frenare per non andare a tavoletta nella vita. I limiti di velocità servono nella realtà quotidiana. Pensare in grande è bello, rimanere con i piedi per terra una necessità.
- Qual è stato il suo percorso nel campo della ristorazione?
Sono nato nel ristorante dei miei nonni, ho sempre vissuto nel ristorante, perché la vita è sempre stata per la mia famiglia all’interno dei locali, gli amici erano i clienti, alcuni di questi mi hanno visto nascere e tuttora mi vengono a trovare, mangiamo insieme e ci si ricorda insieme avvenimenti che hanno scandito le nostre estati e i nostri momenti più divertenti. Purtroppo molti di questi non ci sono più, ma queste storie che rimangono impresse nel cuore, più che nella mente ti richiamano forti verso le tue origini. Da ragazzo, vedendo i sacrifici richiesti dal lavoro di ristoratore avevo tentato di intraprendere un’altra strada, ma come per un pescatore il richiamo del mare è intrinsecamente legato alla sua esistenza, così la passione per questo lavoro si radica nell’anima e ti attrae come una calamita al ferro verso di sé. Così prima proseguendo l’attività familiare e poi con altre idee ho raccolto nuove sfide, devo ammettere, sempre con grandi soddisfazioni personali e con grande arricchimento di esperienza, volendo sempre imparare da tutti qualcosa. Molte persone hanno lavorato nel team e la maggioranza mi ha lasciato qualcosa che mi ha permesso di crescere.
- Quali sono le difficoltà e i piaceri nel gestire un ristorante?
Ricordo un pensiero detto da un saggio antico: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere.” E’ questo è vero anche nel nostro mestiere. Purtroppo il male dei nostri giorni è che alle volte, molto spesso, le persone confondono il piacere di stare a tavola, con la necessità di coniugare lavoro, protagonismo virtuale e anziché godere dei piaceri, che purtroppo sempre più raramente la vita ci offre, ci si concentra su cose di poca importanza, come scrivere, fotografare e pensare alle cose da scrivere sui social. La gestione di un ristorante è complessa perché si tratta di armonizzare un team di persone e riuscire a trasmettere loro il tuo spirito d’iniziativa. Il tuo amore per questo lavoro lo devi trasmettere alle persone che vengono nel tuo ristorante: emozioni e queste devono essere positive e per stimolarle si parte dalle sensazioni che ricevono mentre tu le accogli, le fai accomodare, porgi il menù, prendi la comanda, porti un piatto, sei attento al loro sguardo mentre cercano qualcosa. Noi possiamo rendere la loro giornata memorabile! Questo è il messaggio che vorrei trasmettere ogni giorno, se lavori solo per i soldi non ci metti l’anima e se non ci metti l’anima le persone se ne accorgono.
- Crede che la cultura sia importante?
Dire che è importante è riduttivo. Oggi gran parte dei nostri problemi sono dovuti alla mancanza di cultura o alla introduzione di una pseudo cultura che altro non è che un’accozzaglia di vaneggianti idee personali che ti portano a tutto e in realtà a nulla. Quindi bisognerebbe prima mettersi d’accordo sulla definizione stessa di cultura. Per me la cultura è basata su principi che non cambiano nel tempo e che rendono l’uomo saggio oggi come lo sarebbe stato applicandoli, mille anni fa. Ma se tu ammiri un’opera d’arte e ti meravigli solo di fronte al valore che altri le attribuiscono e non vai oltre, rendendoti conto che in realtà quell’opera sottolinea la capacità di cui l’uomo è stato dotato di esprimere con le mani coniugando idee e materiali e non pensi che qualcuno di superiore ci abbia messo nelle condizioni di esprimere sentimenti, emozioni, sensazioni a sua immagine e questa riflessione non ti avvicina a quell’essere superiore allora davvero non siamo d’accordo su ciò che è cultura. La cultura deve insegnarti a stare nella società, a capire il perché delle cose, come comportarsi e ad agire da persona di buon senso. Purtroppo oggi le persone considerate di cultura si esprimono con volgarità, riducendo il nostro linguaggio così bello e vario a un insieme di parole senza significato. Gli antichi greci per esprimere il senso di un’emozione, di un sentimento avevano per esempio parole diverse, ciò che noi definiamo semplicemente amore loro lo esprimevano con diversi vocaboli, con sfumature diverse che rendeva chiaro un pensiero. Oggi forse abbiamo perso gran parte del dono del linguaggio e abbiamo cominciato a esprimerci a gesti, per la verità non sempre eleganti o con parole che spesso risultano offensive perché magari incuranti dei sentimenti altrui.