La forma nuova del servizio in tavola
- Qual è il rapporto tra le neuroscienze e la tavola?
Le neuroscienze forniscono strumenti e studi di supporto a tutti coloro che desiderano conoscere il funzionamento cerebrale che innesca le successive reazioni, i comportamenti nei vari contesti. Nutrirsi è un aspetto principale della nostra vita, ed è legato a meccanismi sensoriali, motori, psicologici, che le neuroscienze possono contribuire a comprendere meglio.
- Qual è il suo percorso professionale?
Nel 2011 l’uscita del libro “Io sono il tuo specchio” mi ha supportato nel portare nelle aziende gli aspetti pratici legati alla comunicazione e ai neuroni specchio. Dopo il Dottorato di Ricerca in Scienze degli Alimenti e le successive pubblicazioni nel campo dell’empatia medico-paziente, attualmente trasferisco nella formazione aziendale gli studi e le ricerche che svolgo abitualmente con il team di ricerca di cui faccio parte.
- Come agiscono i neuroni specchio in una relazione cameriere-cliente?
I neuroni specchio portano a vivere in noi, a livello potenziale, le azioni e le emozioni che vediamo negli altri. Se vedo una persona stressata, con emozioni “negative”, può attivare in me una “risonanza” empatica che influenza anche la mia intera esperienza alimentare, facendo calare il desiderio di cibo. E’ evidente come valga sempre di più il “come” vengo trattato rispetto al “cosa” ho mangiato.
- Quando le è venuta l’idea di applicare le neuroscienze al lavoro di sala?
Anni fa ci chiedevamo quanto fosse importante nel settore della ristorazione il rapporto tra camerieri e avventori. Anche camerieri molto preparati tecnicamente, secondo noi potevano rovinare la relazione con il cliente, perché magari dotati di una comunicazione errata. Nel 2016 abbiamo misurato e pubblicato i dati su quanto solamente le espressioni facciali di una persona possano condizionare il desiderio di cibo di chi la guarda, e questo ci ha dato conferma che le neuroscienze spiegano il perché di tantissimi episodi in cui “non torno in quel ristorante nonostante il cibo sia buono, perché mi trattano male”. Basta che il cameriere abbia un’espressione di rabbia per influenzare pesantemente il desiderio di cibo di tutta la sala.
- Secondo lei, che cosa ne pensano i giovani?
Ho notato che i giovani sono disposti a spendere anche qualche euro in più, pur di sentirsi bene, così come spesso preferiscono rinunciare a uno stipendio superiore ma che li fa stare in un luogo di lavoro dove non c’è buona qualità di rapporti umani. Sono fiducioso che le aziende sempre più daranno importanza alla qualità dell’ambiente emotivo interno, perché comprendono che i professionisti sono sempre meno disposti a lavorare dove si vivono emozioni spiacevoli.
In collaborazione ufficio stampa Gheusis – Silvia Baratta