Bisogna essere acrobati per vivere
- Chi è Giorgio Amodeo?
Sono contemporaneamente attore, autore, professore, animatore, organizzatore e regista: non per megalomania ma semplicemente perché con una sola di queste attività si fatica ad arrivare alla fine del mese, e in questi tempi di crisi dello spettacolo dal vivo poi bisogna essere davvero degli acrobati.
- Quali sono le sue maggiori esperienze lavorative e le più belle soddisfazioni?
In più di quarant’anni di attività teatrale posso ormai immodestamente vantare una significativa carriera alle spalle: dal diploma di recitazione all’accademia, alla laurea in storia del teatro e alla docenza universitaria; dalla collaborazione con tutti i maggiori teatri stabili del mio territorio, alla creazione e promozione regionale degli spettacoli domenicali per ragazzi, degli spettacoli allestiti per le scuole dell’infanzia, delle visite animate per bambini negli spazi museali; dalla rappresentazioni di decine di testi, come autore, attore o regista, per centinaia di repliche, recitate o tradotte anche all’estero in altre lingue, alla conservazione e tutela culturale dei dialetti veneti attraverso spettacoli originali nel Triveneto e per le Comunità degli Italiani di Slovenia e Croazia. Ma mi piace credere che la più bella esperienza lavorativa sia sempre quella che bisogna ancora fare, in modo da avvicinarsi ogni volta così ai nuovi progetti con rinnovato entusiasmo e con la gioia ingenua del fanciullo.
- Secondo lei chi è il più grande attore triestino?
Difficile rispondere a questa domanda: lo straordinario interprete Gianni Santuccio sosteneva che il più grande attore italiano, anzi addirittura europeo di sempre, sia stato il triestino Alexander Moissi. Europeo perché ha svolto gran parte della sua carriera all’estero, sapendo recitare perfettamente anche in tedesco. Ma la città di Trieste rappresenta storicamente un’incubatrice di talenti: non tutti sanno che Eleonora Duse veniva a fare le sue prime teatrali delle nuove opere di Henrik Ibsen a Trieste, ai tempi territorio austriaco, per valutare la risposta di un pubblico preparato, e che attori come Gian Maria Volontè o Mariangela Melato e molti altri, mossero i primi passi presso il locale Teatro Stabile. Triestino è anche Giorgio Strehler, sicuramente il maggiore regista italiano, che non disdegnava occasionalmente di recitare. Tra i tanti bravissimi concittadini con cui ho avuto la fortuna di collaborare ne ricordo uno per tutti: Omero Antonutti. Andrebbero poi citati anche alcuni amici del Teatro Sloveno di Trieste di cui sono sempre rimasto affascinato per il rigore interpretativo e la altissima professionalità.
- Vivere di cinema e teatro è facile o difficile?
Non è certamente facile, e non solo oggi, non lo è mai stato. Il primo giorno di lezione in accademia, eravamo ancora tutti poco più che adolescenti, il nostro insegnante di recitazione, Ernesto Calindri, che molti ricorderanno per un famoso Carosello, ci disse: “Ragazzi, ricordatevi che questo è un mestiere per ricchi: bisogna poterselo permettere!”. Così una volta preso il diploma, invece di tentare la fortuna a Milano o a Roma, tornai subito a Trieste, nella mia città, dove sapevo che, anche se non sarei mai diventato famoso, non avrei mai avuto problemi a lavorare per il teatro senza alcun problema economico e con piena soddisfazione. A posteriori devo dire che è stata una delle scelte più indovinate della mia vita. Come afferma il grande commediografo Luigi Lunari “Il teatro professionale esiste solo dal 1500!” Chissà? Dopo questa tremenda pandemia potremmo forse anche venire costretti in molti a ritornare ad essere dilettanti. Bisogna sempre avere l’umiltà di ricordarlo e tenere pronto un buon piano B nel caso, le cose non andassero come sperato.
- Quali ruoli predilige e che cosa l’affascina della regia?
Non ho preferenze, sono interessato a tutto, purché risulti gradito anche agli spettatori. Nell’ambiente teatrale si è soliti affermare che non esistano ruoli brutti, esistono banalmente solo attori che non sanno interpretarli. In ogni personaggio, cioè, anche nei più piccoli e marginali del testo, è sempre possibile trovare una chiave rappresentativa che sia gratificante per l’attore e accattivante per il pubblico. La regia invece è qualcosa di molto più complesso, non si può assolutamente improvvisare, bisogna possedere una lunga militanza teatrale, una preparazione generale che preveda molte conoscenze diverse: tecniche, culturali, artistiche, organizzative, amministrative. Destreggiarsi con tanti problemi differenti contemporaneamente e con tempi strettissimi di allestimento è sempre estremamente impegnativo: per ottenere risultati lusinghieri occorre un preciso rigore organizzativo e una enorme creatività d’immaginazione, cioè due caratteristiche completamente opposte. Un equilibrio apparentemente impossibile tra emotività e raziocinio: non conosco attività più affascinante di questa.
- Perché in Italia ci sono più cariche istituzionali tirreniche che adriatiche?
Ogni tanto penso che noi siamo soltanto troppo lontani dal centro istituzionale e governativo dell’Italia e che il Triveneto è un po’ abbandonato culturalmente a se stesso: riflettiamo solo sul fatto che purtroppo in molti film commerciali il ruolo dei personaggi veneti è spesso relegato a quello del bonario sempliciotto che non disdegna di alzare il gomito, ricordiamo a questo proposito le stupende caratterizzazioni di grandi attori come Lino Toffolo, Gastone Moschin e Bepi Maffioli. Così anche la parte adriatica d’Italia non è sempre tenuta nel giusto conto, in favore di quella tirrenica: Genova, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari sono centri cui è riservato maggior interesse. I Presidenti della Repubblica Italiana vengono infatti quasi tutti da quelle zone. Peccato, speriamo che un giorno si accorgano anche di noi, abbiamo tanto da dire e da dare.