Treviso con Open Hospital nasce il progetto ISF
L’avventura di Informatici Senza Frontiere nasce a Treviso nel 2005 quando un gruppo di manager provenienti dal settore informatico si chiede se può esserci un uso sociale della tecnologia. Di riunione in riunione, l’idea prende forma e diventa progetto, poi associazione.
Nasce Open Hospital, il primo software gratuito di gestione ospedaliera pensato per i piccoli ospedali rurali delle aree più disagiate del pianeta che viene installato per la prima volta in Uganda, ad Angal. Un’idea lungimirante, che precorre i tempi e la necessità, oggi più viva che mai, di raccogliere e catalogare dati per aiutare la prevenzione, il dilagare di epidemie ed i medici nel loro lavoro quotidiano. Ce la racconta oggi Dino Maurizio, presidente di Informatici Senza Frontiere.
- Dall’ormai lontano 2005 cosa è diventata Informatici Senza Frontiere?
Di strada ne è stata fatta molta. Oggi abbiamo 11 sedi regionali e circa 300 soci. Operiamo nella formazione, nello sviluppo e nell’area delle disabilità, solitamente in partenariato con altri enti, istituzioni e associazioni, anche nell’ambito di progetti europei o nazionali. Oggi la necessità di lavorare in rete è sempre più stringente, quindi abbiamo creato un team con competenze multidisciplinari che può farsi carico di soluzioni per la gestione informatizzata di processi e strutture complesse nei Paesi in via di sviluppo, di progetti legati allo sviluppo regionale, all’innovazione, alla realizzazione degli obiettivi dell’UE, nonché al miglioramento delle condizioni sociali nel nostro Paese. A questo affianchiamo il lavoro dei volontari in Italia che si snoda in decine di progetti più o meno grandi di alfabetizzazione informatica, sull’uso consapevole della rete e molto altro.
- Che ne è stato di Open Hospital?
Open Hospital è rimasto al centro della nostra attività, ma è cresciuto, ha aggiunto funzionalità e parla molte lingue. È installato in 12 Paesi del mondo ed abbiamo richieste che giungono da altri 20, con un potenziale bacino di 2 milioni di pazienti. Un successo che è un fiore all’occhiello per Informatici Senza Frontiere e che ci ha portati al Premio WSIS delle Nazioni Unite del 2016 e ad un partenariato costante con CUAMM Medici con l’Africa nell’ambito di progetti di informatizzazione di ospedali in Africa.
- Verso quali altre direzioni state andando?
Oggi l’informatica è sempre più parte della società e del vivere quotidiano, della comunicazione e delle relazioni sociali. Pensiamo alle persone anziane: avere accesso ai più comuni strumenti informatici aiuta a farle sentire parte di una comunità, a gestire da casa acquisti e prenotazioni, aumenta lo loro autonomia e facilita la loro comunicazione con parenti ed amici lontani. L’informatica così diventa integrazione. Lo stesso vale per ragazzi affetti dalla sindrome di down, persone con disabilità, minori non accompagnati, carcerati, tossicodipendenti, migranti: l’uso del computer e di Internet può contribuire al loro percorso di inserimento o reinserimento nella vita pubblica. Per questo molto del nostro lavoro è nella formazione, anche in Africa, dove formiamo i formatori. Ma c’è tanto lavoro da fare anche nelle scuole, sul tema dell’uso consapevole della tecnologia. Proprio in questi giorni stiamo avviando poi un percorso sui quadri tattili nelle scuole di Bari, Bologna e Milano. I ragazzi lavoreranno con la tecnologia 3D da abbinare a forme in rilievo e fantasia per realizzare un’opera per non vedenti per le proprie gallerie comunali.
- Quali sono i vostri prossimi obbiettivi?
Vorremmo allargare la community di sviluppatori volontari che lavora su Open Hospital, ma anche arrivare al rilascio della nuova piattaforma di supporto psicologico per malati di SLA integrata con il nostro comunicatore ISA – I Speak Again. Un progetto importante che stiamo portando avanti con ASLA e con l’Università di Padova. Poi c’è il nostro ISF-festival, avventura iniziata quest’anno ma già riconfermata, visto il successo di pubblico e la grande risonanza che ha avuto.
- Di cosa si tratta e quando si svolgerà?
Sarà di nuovo a Rovereto, in Trentino, dal 12 al 14 ottobre. È un festival che prende spunto dalla nostra attività per affrontare i grandi temi odierni che ruotano attorno a quello della tecnologia: il suo uso responsabile ed etico, la prevenzione del cyberbullismo e del dilagare delle fake news, la prevenzione delle calamità naturali, la domotica, le soluzioni tecnologiche per i disabili e per i progetti di cooperazione internazionale. Ci saranno laboratori, workshop e incontri con esperti nazionali e internazionali, oltre ad un progetto per gli studenti che potranno ottenere delle borse di studio per partecipare al festival. Una bella iniziativa che ci auguriamo possa crescere.