GIOVANNI BATTISTA PITTONI
Un eccellente pittore abbandonato dalla fortuna
Giovanni Battista Pittoni, veneziano, è il più rinomato e richiesto pittore presso le corti europee. Nasce nel 1687 da una famiglia di artisti residenti a Venezia, ma nessuno di loro ha avuto la fama di Giovanni.
Segue il raffinato ed elegante stile del Rococò ricco di grazia e di piacevolezze teatrali: la sua grande pittura Giovanni la vuole esprimere a pale d’altare non di eccessive dimensioni, per poterle trasportare facilmente.
Negli anni Quaranta la vivacità del suo Rococò diviene più quieta stemperandosi in un nuovo e piacevole equilibrio, forse anche dietro le pressioni dei sempre esigenti committenti.
Lo stile
Gli orientamenti stilistici di Giovanni Battista Pittoni, quando inizia la sua attività, si leggono evidenti sotto l’influenza della pittura di Antonio Balestra, vicina al Barocco e in seguito si trasformano personalizzando gli aneddoti.
Per comprendere al meglio i segni del pittore è necessario osservare opere come il “Martirio di San Tommaso” a Venezia nella Chiesa di San Stae e “Diana e Atteone” presso il Museo civico di Vicenza; i segni lasciati dall’estro determinano i caratteri essenziali della sua pittura. Trasmette la ricchezza del colore, lo sciolto distendere delle forme, un estremo e artificioso rigore nel definire i particolari e un soffuso senso di languore che aggiunge alle composizioni una nota di raffinata e leziosa preziosità, propria del rococò europeo.
Come in tutti gli artisti di ogni arte, la personalità è devastata da continui sconvolgimenti, subendo le influenze dello scorrere storico e dalle influenze di altri. Giovanni Battista Pittoni per tutto l’arco della sua vita alterna il filone devozionale a quello storico e mitologico.
La personalità artistica di Giovanni Battista Pittoni
La personalità artistica di Giovanni Battista Pittoni prende forma intorno agli anni venti del ‘700 realizzando affreschi più precisi dove si palesa un carattere vigoroso e monumentale. I segni del maturare artistico si trovano giusto nel 1720 quando dipinge il “Martirio di San Tommaso” per la chiesa veneziana di San Stae e tra il 1722 e il 1730 quando dipinge quattro tele di un ciclo molto più ampio (ventiquattro) dei “Tombeaux des Princes” ideato da McSwiney, in cui erano rappresentati alcuni dei più celebri uomini della storia britannica. L’ultima opera risulta come l’insieme di diverse figure pittoriche del ‘700 tra i quali Canaletto, Ricci, Giovanni Battista Cimaroli ed altri artisti veneziani e bolognesi. L’apporto artistico di Giovanni Battista Pittoni nel realizzare quest’opera si riconduce al ruolo di ritrattista.
Parallelamente alla maturazione pittorica e dei segni diventa più sicura la composizione delle figure; il lavoro sulla resa del chiaroscuro si può dire ultimato, lo studio sui colori rivela la capacità di usarli in modo contrapposto e vivace, la resa dei particolari è molto più precisa. La testimonianza si ritrova nelle opere Santi Pietro e Paolo e Pio V che adorano la Vergine presso la chiesa di Santa Corona di Vicenza.
Presidente dell’Accademia di Venezia
Nel 1758 il Pittoni succede al Tiepolo, per due anni, alla presidenza dell’Accademia Veneziana e rimane come consigliere, mentre i giovani pittori incalzavano con il loro più fresco e potente estro.
A sancire la sua fama arriva un incarico importante: è nominato come accademico d’onore alla prestigiosa Accademia Clementina di Bologna nel 1727.
Le commissioni arrivano dalle corti di Dresda, Torino, Inghilterra e Madrid, tramite Filippo Juvarra e si succedono le commissioni, anche dalle città lombarde e venete.
Sul finire della maturità artistica si riscontra un certo ripiegamento sui valori sicuri del passato e lo denunciano le opere più mature, quali il Martirio di Santa Esteria visitabile presso il Duomo di Bergamo e presso la collezione Marzotto, l’Allegoria delle Scienze e delle Arti. Citiamo La famiglia – collezione privata – e l’Annunciazione del 1757 presso le Gallerie veneziane come esempio del ritorno ai colori più bui e caldi.
Muore nel 1767 a Venezia e si narra che la morte lo abbia “abbandonato dalla fortuna”.