Continua con quest’articolo il viaggio tra i ‘gentiluomini del pennello‘, in alcuni dei luoghi che un tempo appartenevano alla Repubblica Serenissima. Le storie che vi racconto si sviluppano in epoche diverse, a volte ci faranno immergere nei lontani tempi del Rinascimento altre, come in questo caso, nel dopoguerra. Il viaggio tra gli artisti gentiluomini continuerà anche nei prossimi numeri.
Venezia, seconda metà del 1940
Il dipinto è di grandi dimensioni e la figura della giovane donna giganteggia, invade tutta la superficie, è talmente grande l’immagine che un piede fuoriesce dall’inquadratura.
Questo particolare non toglie nulla alla riuscita di quest’opera equilibratissima, anzi, si può dire che questo strano taglio rende la composizione più dinamica, meno “formale”, elimina cioè quel carattere monumentale che renderebbe la figura molto più lontana e distaccata.
Perché, infine, la modella è una giovane veneziana, una popolana che vive tra pescatori di cefali e orate e che raccoglie cappe e pesca seppioline quando è stagione, e fin da bambina sa tenere i remi per vogare e spostarsi in barca tra i canali.
Forse tra i suoi progenitori non c’è nessun valoroso ‘capitano generale da mar‘, anche se non si può mai dire – mater semper certa est, pater numquam -. Eppure, il ritratto che ne fa Beltrame restituisce a questa giovane donna un’immagine di nobiltà e di eleganza anche nel gesto così semplice e naturale come quello di passarsi il pettine tra i capelli.
La forma sapiente che Beltrame ha saputo dare a questa giovane donna diventa, nel nostro immaginario, l’indimenticabile immagine di una giovane dea proveniente da un mondo lontano e ormai perduto nel tempo: con la posizione di profilo e l’occhio visto frontalmente come nei dipinti dell’antico Egitto, con le linee rette per indicare il disegno degli arti che creano dei triangoli visivi forti e statuari come nei ritratti arcaici.
E’ la dimensione della pittura-poesia e della scelta compositiva dell’artista che rende indimenticabile l’esperienza visiva di questo dipinto che vive solo con le linee e le superfici, infatti, il colore non è strutturale, ma ricorda la lieve patina cromatica che gli scultori stendevano sul marmo per rafforzare i riflessi della luce sulle superfici.
I colori neutri scelti dall’artista, derivano da una scelta di tinte dagli effetti cangianti, mescolando e sovrapponendo sulla stessa superficie gessi, colori a pastello, tempera. Infine, a rafforzare alcuni profili del corpo della giovane donna e dello sfondo, il nero del carboncino che sottolinea curve e superfici.
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