Canottaggio – La vittoria di Baran, Sambo e Cipolla
Canottaggio – L’epica vittoria dell’equipaggio trevigiano del due con alle olimpiadi di Città del Messico del 1968.
Il Sile, alimentato da millenarie sorgive, avvolge sinuoso il bassorilievo dove sorge Treviso, lo supera accarezzandone un fianco e poi, serpeggiando in pianura, prende placido la via del mare. Anche oggi, lungo la strada dell’alzaia, si viene colpiti dalla dolcezza tranquilla del suo fluire, che induce serenità a chi guarda e accompagna la corsa o il passeggiare di chi si dedica allo sport, fuori dal traffico. Sulle sue acque si incrociano talvolta canottieri di storiche società sportive che, con le loro imbarcazioni, sbucano dalle nebbie mattutine.
A Treviso è nata in decenni lontani, e permane tuttora, una pratica sportiva di alta qualità: qui si formano canottieri che sono l’orgoglio non solo trevigiano ma dell’Italia intera. E qui inizia anche questa storia quando, negli anni sessanta, sul Sile, si allenava una coppia di ragazzi trevigiani, Primo Baran e Renzo Sambo, atleti del Dopolavoro Ferroviario, i quali da subito si dimostrano capaci di grandi risultati, inanellando vittorie e piazzamenti a livello nazionale ed internazionale.
Arriva Cipolla.
A loro, nel 1967, si aggrega il quindicenne timoniere Bruno Cipolla, e, con questa formazione, l’equipaggio vince il titolo europeo del due con, a Vichy, in Francia. I campioni olimpici in carica, gli olandesi, Herman Suselbeek e Adriano Van Nes, snobbano apertamente l’impegno, dichiarando di voler puntare sulla invece propria conferma olimpica. L’anno successivo infatti, il due con italiano, affronta nuovamente il forte equipaggio olandese, subendo una pesantissima sconfitta ad Amsterdam, in uno degli appuntamenti preolimpici. Pur nel lotto dei migliori il nostro equipaggio si presenta, quindi, alle Olimpiadi del Messico con molte speranze ma con poche certezze. Ma la forma è buona e l’allenatore Galli deve solo preoccuparsi che i due non esagerino con allenamenti e prestazioni in qualifica, con il rischio di arrivare stanchi alle fasi finali.
La strategia funziona e Baran, Sambo e Cipolla approdano alla finale olimpica del due con: duemila metri di gara contro il resto del mondo. E’ il 19 ottobre 1968, nel bacino di Xomichilco gli equipaggi sono pronti, sulla stessa linea, in attesa dello start. La strategia dei nostri è di stare attaccati ai primi posti, pazientare e mollare tutto negli ultimi cinquecento metri. Muscoli, tecnica, cuore e cervello quindi, niente può mancare, perché nella vita ci si gioca raramente un trofeo come questo.
FINALE OLIMPIADI MESSICO 1968 – LA FINALE
Partono. Inizia forte la Germania Est, seguita da Olanda, Italia e Danimarca. Ai primi cinquecento metri la Germania Est ha un secondo di vantaggio sulla coppia trevigiana. Si scatena l’attacco dei campioni olimpici olandesi, che tentano di staccare tutti sulla distanza. Suselbeek e Van Nes aumentano i colpi e, a metà gara, sopravanzano di mezzo secondo, nell’ordine, gli azzurri la Germania Est e la Danimarca.
Spingono forte gli olandesi e riescono a guadagnare sugli inseguitori: ai millecinquecento metri cumulano due secondi di vantaggio su Baran e Sambo e sembrano destinati a bissare il successo di quattro anni prima. Ma è qui, a quattrocento metri dalla fine, che scatta la reazione sognata e studiata dagli azzurri. Cipolla, il ragazzino, chiama i due vogatori italiani ad alzare il ritmo dei colpi. Come se fino a quel momento si fossero trattenuti Baran e Sambo scaricano in acqua, all’improvviso, una forza impressionante. Il cambio di ritmo risulta inarrestabile e l’armo trevigiano sem bra decollare sul pelo dell’acqua. Gli avversari, al loro confronto, paiono procedere a velocità ridotta.
Baran e Sambo recuperano il divario da Suselbeek e Van Nes in poche decine di metri, li saltano e volano imprendibili verso il traguardo dove giungono, stracciando gli avversari, con due secondi di vantaggio.
ARRIVA LA VITTORIA.
E’ oro olimpico, una vittoria straordinaria! La fatica e la tensione lasciano spazio al pianto e al riso degli atleti e le braccia, abbandonati i remi, si alzano al cielo in segno di vittoria. Nella intervista alla Gazzetta dello Sport i due, con spiazzante semplicità, racconteranno il loro finale spiegando: i gavemo appaiai e i gavemo superai. Sono passati quarantacinque anni dal quel giorno, forse i più giovani non hanno sentito raccontare questa storia, ma chi l’ha vissuta non scorda le immagini da oltre oceano ed il suono ripetuto mille volte, e quasi poetico, della formazione vittoriosa: Baran – Sambo – Cipolla.
Renzo Sambo è scomparso, per malattia, nel 2009. Se passeggiate lungo il Sile però, non è escluso, che, tra gli allenatori che seguono qualche equipaggio in acqua, possiate anche oggi incrociare Primo Baran.
Un servizio sulla morte di Renzo Sambo: