ARDITO DESIO E IL K2
I destini di tre alpini nella più difficile impresa alpinistica di tutti i tempi.
L’amore per la scoperta e l’avventura porta l’uomo, da sempre, a giocare le proprie capacità sino al limite ed oltre esso.
Ci sono imprese che presentano difficoltà sovrumane, apparentemente insormontabili, di fronte alle quali chiunque si ferma, o almeno dovrebbe, se non fosse spinto da un insopprimibile fuoco di conoscenza.
Quando Ulisse, nell’Inferno di Dante, condotti i suoi compagni oltre le Colonne d’Ercole, si trova davanti l’oceano inesplorato e l’infinito senza ritorno, sprona i suoi compagni all’impresa pronunciando parole nelle quali risuona il destino di tutta l’umanità.
Chiama i suoi fratelli, giunti con lui attraverso centomila pericoli all’ultima soglia conosciuta, a scoprire il mondo sconosciuto, dietro al sole ed oltre l’orizzonte, e formula la più celebre delle chiamate all’avventura : Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
E chi risponde a questa chiamata vi si getta senza remore, come i compagni di Ulisse, facendo dei remi ali al folle volo.
Tra le imprese più incredibili affrontate dall’uomo c’è la conquista del K2, la seconda montagna più alta della terra con i suoi 8611 metri, ma di gran lunga la più difficile da scalare, compiuta nel 1954.
Questa è la storia, tra gli altri, di tre alpini, i cui destini si incrociarono durante questa impresa.
Ardito Desio, friulano di Palmanova, nato nel 1897, che fu Ufficiale dell’8° Reggimento Alpini, durante la prima guerra mondiale e divenne poi uno dei più importanti geologi e esploratori Italiani.
Mario Puchoz, valdostano di Courmayeur, nato nel 1918, guida alpina, alpino del Battaglione Sciatori Monte Cervino, con il quale partecipò alla Campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale.
Achille Compagnoni, lombardo di S. Caterina Valfurva, nato nel 1914, alpinista e maestro di sci, alpino del V° Reggimento Alpini.
Ardito Desio e la scalata del K2
Nei primi anni 50 ad Ardito Desio, già famoso per i suoi viaggi ed esplorazioni, anche nella zona del Karakorum, viene assegnato dell’incarico di affrontare la scalata del K2, la montagna invincibile, a conquistare la vetta che nessun uomo aveva mai violato.
È l’impresa dell’orgoglio italiano e Ardito ne è l’emblema. Egli seleziona un gruppo di uomini eccezionali, tra il giovane Walter Bonatti, e prepara meticolosamente l’attacco alla montagna.
La lunga preparazione ha il suo periodo decisivo tra maggio e luglio del 1954: iI 25 maggio infatti viene aperto il campo base a 4600 metri di altitudine e tutti gli uomini disponibili vi vengono riuniti, di fronte alla terribile piramidale vetta del K2. Da lì viene si pianificano gli sforzi per il posizionamento dei diversi campi, sino all’ultimo trampolino verso la vetta.
Il 16 giugno Compagnoni e Puchoz organizzano il 4 campo. Quel giorno Puchoz viene colpito da un grave malore, dovuto ai rischi dell’altitudine. Le sue condizioni si aggravano nonostante l’ intervento medico e le complicazioni polmonari ne causano un repentino peggioramento. Egli muore all’una del 21 giugno e viene viene sepolto alle pendici del K2.
La tragedia non ferma gli italiani. Ardito Desio organizza quindi quanto necessario per l’attacco decisivo alla montagna e guida gli uomini di punta, Lacedelli, Compagnoni, Bonatti, ai passaggi decisivi, e agli ultimi campi, sino all’ottavo a 7740 metri.
L’assalto alla vetta
Il 29 luglio Lacedelli e Compagnoni attaccano un muro di ghiaccio sopra l’ottavo campo riuscendo a piantare una tendina a 8100 metri. Da qui muovono l’assalto alla vetta all’alba del 31 luglio.
Finiranno l’ossigeno delle bombole sotto la cupola finale della propria ascesa, cosa che, secondo le conoscenze di allora, siginificava probabilissimo rischio di morte. Ma nemmeno questo ferma la loro ascensione ed alle sei pomeridiane vedono spianare il pendio e spalancarsi un infinito orizzonte avanti a loro e raggiungono, finalmente, la vetta.
Quella sul K2 rimarrà una delle più affascinanti imprese alpinistiche e motivo di orgoglio della storia sportiva italiana. Fu anche la montagna del del destino dei tre alpini. Quello di Ardito Desio, scienziato ed esploratore per antomasia, l’uomo che seppe pensare l’impresa e costruire una squadra di uomini fenomenali. Quello di Mario Puchoz che sacrificò la propria vita al sogno dell’impresa e che riposa da allora, eterno eroe sportivo, ai piedi della montagna. Quello di Achille Compagnoni che, a fianco di Lacedelli, raccolse l’alloro della vittoria e domò una delle più terribili vette del mondo.