ANDREA BRUSTOLON: LO SCULTORE DEL LEGNO
“Le sculture lignee barocche si distinguono per una straordinaria fecondità di fantasia, per l’accuratezza dell’esecuzione, per i contrasti cromatici fra i vari tipi di legno”[1].
Il tema di questo articolo riguarda uno dei più straordinari scultori bellunesi del Seicento ma allo stesso tempo artista poco conosciuto: Andrea Brustolon.
Grande considerazione ebbe di lui lo scrittore francese Honorè de Balzac tanto da denominarlo il “Michelangelo del legno”[2] e non solo, anche successivamente lo storico dell’arte Leopoldo Cicognara ebbe parole positive nei suoi confronti attribuendogli “eleganza e dolcezza” e definendo gli altri artisti contemporanei ad Andrea Brustolon come “una folla di cattivi manieristi”[3].
Andrea Brustolon nacque a Belluno nel 1662 e la sua formazione avvenne principalmente a Venezia (1677) dove subì l’influsso dello scultore genovese Filippo Parodi e dello scultore belga Josse Le Court considerato il Bernini veneziano. Parodi gli infuse eleganza e vivacità compositiva. Si presume poi, un suo viaggio a Roma dove avrebbe subito l’influsso del Bernini. Ritornato a Belluno (verso il 1720) scolpì una delle opere più sorprendenti per la sua composizione, per la sua carica espressiva, per il suo trasmettere il sentimento del dolore, per il suo estremo realismo: l’Altare delle Anime di San Floriano a Pieve di Zoldo. Non mancano comunque le commissioni da patrizi veneziani quali i Correr, i Pisani e i Venier ma la sua committenza fu prevalentemente ecclesiastica.
Le sue opere sono intrise della tradizione culturale bellunese oltre ad avere l’influsso dell’amico pittore Gaspare Diziani. La sua arte non riguardò solo la statuaria ma anche apparati decorativi come mobili, cornici ed arredi.
Andrea Brustolon fu uno scultore che seppe creare un suo personale stile e eccezionale fu il suo estrarre dalla materia prima del legno l’anima della composizione.
Morì a Belluno nel 1732.
Andrea Brustolon – Dove visitare alcune delle sue opere
Le sue opere sono visitabili a Belluno presso il Museo Civico e la chiesa di San Pietro; a Feltre nel Museo Diocesano d’Arte Sacra; in Val di Zoldo nella Chiesa di San Floriano e Valentino e in Comelico presso la chiesa dei Santi Rocco e Osvaldo.
[1] Gabriele Reina, Venezia. Il porto dell’arte barocca, in AA.VV, La Storia dell’Arte, Il barocco, Vol. XI, Electa, Milano 2006, p. 639.
[2] Honoré de Balzac, in “Le cousin Pons”, 1847.
[3] Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, II edizione, vol. VI, Frat. Giachetti, Prato 1824, pp. 240-241.