Gatti che passione!
Una mostra al MoMi di New York celebra la conquista dei Social Network da parte dei nostri amati felini.
Beatles o Rolling Stones? Charlie Chaplin o Buster Keaton? Mare o Montagna? PC o Mac? Cane o Gatto? Se nella maggioranza dei casi gli appassionati dell’una o l’altra cosa si dividono più o meno equamente, nel caso di cane o gatto non c’è storia, vincono nettamente i gattofili. La ragione sfugge alla comprensione umana, quasi che, di fronte ai gatti, si perda completamente il senso dell’intelletto. Una passione che nasce dal più profondo subconscio, quasi una specie di soggezione. E chissà cosa ne penserebbe Sigmund Freud che, tra parentesi, fu un grande amante dei cani. Insomma, non ci sono mezze misure: o si amano i cani e si odiano i gatti, o viceversa. Eppure il cane è stato compagno fedele degli uomini almeno diecimila anni prima di quanto non lo sia stato l’amato felino. E ancora oggi, forse più di ieri, svolge compiti a volte ingrati, ma sempre utilissimi. Magari è una questione di religione o cultura – nel mondo musulmano il cane è considerato un essere impuro, mentre in Asia spesso se lo mangiano – fatto sta che comunque i nostri amici a quattro zampe scatenano le dispute più sfrenate, integraliste e senza esclusione di colpi, portando addirittura a filosofeggiare sul quoziente intellettivo di chi sceglie fra l’uno o l’altro animale.
Gatti e Social Network
Vedi il recente e, come al solito, inutile studio della Carroll University di Waukesha (Wisconsin). Facebook, Instagram, Pinterest e tutti gli altri social (92 milioni di foto di gatti su Pinterest e il 3% del totale di contenuti Internet) sono ormai invasi da cuccioli di ogni genere che pare sappiano fare cose straordinarie e, visto che gli Stati Uniti primeggiano sempre nelle tendenze, spesso le più futili, ecco finalmente la mostra How cats took over the Internet al MoMI (Museum of Moving Image) di New York, dal 7 agosto 2015 al 31 gennaio 2016. Ciò che viene esposto non è altro che la summa di quello che (purtroppo) già ci sorbiamo ogni volta che accediamo a Facebook o qualunque altro social. Gatti che fanno yoga, pipì nel water (che schifo!) che dormono sulla tastiera del computer, tendono agguati ai loro padroni o che sonnecchiano sul frigorifero.
Teneri cuccioli che miagolano disperati – tanto da suscitare più commozione delle efferatezze dell’Isis – o grassi, pigri e imbronciati, che innescano gare di solidarietà capaci di riempire le tasche del padrone. D’accordo, può anche essere divertente, però il fenomeno sta assumendo l’aspetto di una vera e propria piaga. Ma la domanda è: una mostra del genere, ospitata da un museo (con tutto ciò che il termine comporta) in una città che dovrebbe essere culturalmente vivace come New York, si può definire cultura? Allora, per eccesso, Facebook dovrebbe essere il più grande museo al mondo di arte pop, o meglio ancora trash.