Il Pordenone, il “pictor modernus” come fu chiamato ai suoi tempi, nella sua produzione evidenzia una felice mediazione tra la tradizione nordica ed i più aggiornati modelli romani ed è considerato il maggior pittore friulano del Cinquecento.
“Fra i più chiari e famosi pittori […] del Friuli, il più raro e celebre […] nell’invenzione delle storie, nel disegno, nella bravura, nella pratica de’ colori, nel lavoro a fresco, nella velocità, nel rilievo et in ogni altra cosa delle nostre arti, Giovanni Antonio Licinio”[1]
Così Vasari scrive di Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone (Pordenone 1484-Ferrara 1539). Un pittore del Cinquecento morto improvvisamente e in maniera inspiegabile tanto da creare una sorta di mistero e di silenzio sulle sue opere. Ma chi è Il Pordenone? È semplicemente un pittore dalla formazione eclettica, l’unico in grado di potersi confrontare con Tiziano. La sua pittura richiama Mantegna, le incisioni del tedesco Durer ma fondamentale fu la conoscenza delle opere di Raffaello e Michelangelo durante un suo viaggio a Roma avvenuto tra il 1514 e il 1515. Tutto ciò gli permise di creare uno stile “magniloquente”[2].
In questo articolo vi voglio parlare di un suo dipinto intitolato Noli me tangere (1534-35) conservato presso il museo Diocesano del Duomo di Cividale del Friuli. Di certo non sarà una delle sue opere più famose però merita attenzione. Si tratta di un quadro sul quale la critica si è dibattuta dapprima con l’attribuzione a Palma il Vecchio e che solo successivamente fu assegnata a il Pordenone. Il racconto riprende il testo del vangelo di Giovanni. Qui vi è rappresentata la sequenza narrativa della storia che inizia con la crocefissione (le tre croci sullo sfondo) per passare al sepolcro (dove vi sono i due angeli in secondo piano sulla destra) mentre sulla sommità vi è un albero perché “nel luogo dove era stato crocefisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo”[3]. L’albero non è altro che il simbolo della Resurrezione. Alla fine si arriva alla scena centrale ovvero all’incontro di Gesù con la Maddalena nel momento in cui Cristo la chiamò per nome perché ella non lo riconobbe “pensando fosse il custode del giardino”[4]. Ecco il motivo della zappa presente ai piedi di Cristo. Inoltre, il personaggio inginocchiato sulla sinistra non è altro che il committente dell’opera identificato con il canonico Andrea Damiani.
Il Pordenone rimane quindi un pittore degno di nota e le sue opere vanno viste e ammirate. Tra le più importanti vi ricordiamo la Crocefissione al duomo di Cremona (1520/21) e ancora una volta il tema Noli me tangere (1532) conservato a Venezia presso la galleria Franchetti.
[1] VASARI, Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori ed architetti (1568),introduzione di Maurizio Marini, Newton, Firenze 2003, pp. 734-735.[2] P. DE VECCHI, E. CERCHIARI, Arte nel tempo. Dal Gotico Internazionale alla Maniera moderna, tomo I, Bompiani, Milano 2002, p. 409.
[3] Vangelo di Giovanni 19,41.
[4] Ivi 20,15.