Carso sotto le stelle in bike
Presentiamo l’ultimo appuntamento, per questa estate, di Luci & Ombre sul Carso della Grande Guerra.
Giovedì 30 luglio 2020 dal Monte San Michele alla Dolina dei Bersaglieri parte il gruppo di ciclisti che arrivano presso la Dolina dei Bersaglieri per assistere all’ultima presentazione degli eventi della Grande Guerra.
I ciclisti percorrono i sentieri e le carrarecce accompagnati dall’introduzione dell’esperta Grande Guerra Elisa de Zan e, durante la pedalata, dallo storico Andrea Ferletic.
Il progetto ambientale nasce dalla perfetta collaborazione tra la Pro Loco Fogliano, l’amministrazione comunale di Sagrado, e Fiab Bisiachinbici. I tre attori comunicato diligentemente sull’organizzazione curando sia la parte artistico e storica della manifestazione sia la parte tecnica ciclistica.
Come consuetudine è possibile partecipare alla biciclettata tramite navetta con partenza dalla Stazione Multimediale di Redipuglia in via Terza Armata 37 entro le 18.30.
Si prende parte con la propria bicicletta, naturalmente deve essere in buono stato di manutenzione.
Secondo le odierne direttive dell’emergenza sanitaria è obbligatorio avere al seguito la mascherina oltre all’acqua e quanto necessario.
Mato de Guera
Mato de Guera è un testo sulla Prima Guerra Mondiale preso come spunto per un’analisi della guerra nel suo insieme.
La storia è a Treviso, in una stanzetta del manicomio di Sant’Artemio, alla metà degli anni Trenta, dal suo piccolo osservatorio popolare Ugo si rende conto che sulla pelle di tutti i suoi compagni morti sul Grappa e sul Piave si sta consumando l’ultima, ignobile speculazione.
Sono questi infatti gli anni in cui si costruiscono i grandi ossari. Già, non alla fine della guerra, ma venti anni dopo. Dunque, non per pietà e riconoscenza verso tanti ragazzi morti, ma per sostenere la retorica della nuova guerra che si sta preparando.
Ugo vede passare i camion carichi dei contenitori pieni di ossa e le pietre destinate a costruire gli ossari: non regge e scoppia. Riaffiora in lui terribile la memoria della guerra.
Combattuta su due fronti, come dice ad un certo momento: perché c’era da guardarsi dal nemico, ma anche dalla stupida intransigenza di uno stuolo di ufficiali italiani boriosi e impreparati. In questo contesto il tempio del Canova di Possagno diventa, nel ricordo del reduce, metafora e simbolo.
Lì passava il fronte e nella distruzione della bellezza, della cultura, del patrimonio religioso travolto dalle bombe e dai proiettili di cannone è l’immagine di un tracollo epocale.
Con tutte le sue miserie umane. Il secondo fronte: spesso gli ufficiali italiani per ottenere disciplina angariavano i propri soldati ogni oltre limite.
Ugo, in un momento di acuta pazzia, si lascia sfuggire che lui e un suo amico, del cui suicidio ha appena avuto notizia e questo era un’altra vittima del peso insostenibile della memoria, uno di quegli ufficiali lo hanno ucciso prima che si lanciasse all’attacco fuori della trincea.
Mato de Guera getta uno sguardo anche sui profughi che si disperdono in mille rivoli in quel continente sconosciuto che è l’Italia: nemmeno sanno quanto sia lunga e scoprono alla fine (i profughi di Possagno approdano in Sicilia) che è “lunga una settimana di treno”.
E sui prigionieri che non tornano. Alla fine, Ugo Vardanega si fa consapevole di essere affetto da una malattia incurabile: la memoria.
E allora decide di ricordare tutto, senza infingimenti, senza fughe nella follia, in una lucida disperazione che sarà il suo fardello per tutta l’esistenza.
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